Nonostante le importanti testimonianze archeologiche presenti nella città romana di Minturnae, il comprensorio oggi non gode che di una notorietà poco più che locale. Del resto le attività promosse, realizzate con grande sforzo e con scarsi mezzi, non riescono a raggiungere ancora una più vasta platea. Lo stesso personale oggi impegnato, assai limitato, ridotto oggi a sole tre unità, consente l’apertura e la visita del sito solo limitatamente ai fine settimana. Né è possibile realizzare e coordinare un programma più ampio con una direzione affidata dal 2021 all’architetto Marco Musmeci, già molto impegnato presso la Direzione regionale Musei Lazio, in quella del Museo Archeologico Nazionale “G. Carettoni” e dell’Area Archeologica di Casinum a Cassino (FR).
Il tutto in un contesto in cui la ricerca sul campo, pur realizzata con buona volontà con stage di archeologi, antropologi e storici, provenienti da alcune università italiane e straniere, appaiono interventi episodici e non coordinati in una visione globale e unitaria di programma. Anche l’impegno e la disponibilità da parte dell’ Archeoclub, di istituti scolastici e di associazioni volontarie, non possono sostituire un programma coordinato, fattibile solo con dei protocolli di intesa tra la Direzione del Parco, Università, Enti di Ricerca, Fondazioni e Associazioni. Le stesse visite delle scolaresche degli istituti del territorio, pur con la più grande dedizione da parte degli insegnanti, ma in mancanza di adeguati servizi informativi e di guide specializzate, non potranno sviluppare opportune e approfondite conoscenze nei giovani, stimolandoli ad ulteriori approfondimenti.
Tutto questo porta inevitabilmente ad una ridotta presenza annuale dei visitatori che, nel 2022, si è attestata attorno alle 15.000 unità, tra italiani, stranieri e studenti. Un numero del tutto insufficiente per un sito rilevante quale è quello di Minturnae che, non è in grado di supportare non solo un adeguato sviluppo e la promozione e fruizione culturale e turistica dell’area, ma che mette a rischio anche quella che è la regolare manutenzione ordinaria degli stessi beni. Le attività, infatti, non si possono limitare alla semplice e a volte rapida visita dell’area, fra l’altro effettuata senza il supporto di una adeguata cartellonistica e senza guide specializzate. Gli stessi reperti, ospitati in uno spazio del tutto insufficiente e angusto degli ambulacri del Teatro, non sono proposti alla fruizione in maniera accattivante, con la dovuta illuminazione, e privi dell’ausilio di supporti elettronici in grado di offrire in tempo reale informazioni, foto e realtà aumentata, come ormai si usa nella più importanti e organizzate aree archeologiche.
In questo modo i pregevoli gruppi marmorei, le iscrizioni, le colonne, e gli elementi architettonici ivi conservati, non catturano l’attenzione e non sollecitano l’interesse dei visitatori. Anche l’importante collezione numismatica, proveniente dagli scavi e dai ritrovamenti nell’alveo del vicino fiume Garigliano, vengono offerti in maniera poco accattivante e con scarso corredo di informazioni. Tutto questo finisce per incidere, come incide, negativamente sul numero dei visitatori che rimane quindi ancora molto limitato, con evidenti scarse ricadute economiche, turistiche e culturali sulla valorizzazione del comprensorio archeologico, e di tutti i centri che vi gravitano attorno. Del resto proprio la scarsità di spazi espositivi adeguati ed organizzati hanno sin qui inciso sulla dislocazione dei nuovi materiali che in questi ultimi decenni vi sono stati rinvenuti.

Un destino infelice che si ripresenta sin dai primi scavi di metà Ottocento, con la conseguente perdita di preziosi gruppi marmorei, come già ricordato, finiti nel museo archeologico nazionale di Zagabria, nei depositi museali di Roma e di Napoli, o trasmigrati, negli Stati Uniti d’America. La scarsità di mezzi e uomini, poi, incide anche sulla sicurezza e la salvaguardia degli stessi beni archeologici racchiusi nella parte di città già dissepolta e in quella ancora da esplorare. Negli ultimi anni, purtroppo, numerosi sono stati i furti di reperti e monete, solo in parte recuperate dalle competenti Autorità. Si rende, quindi, sempre più urgente una nuova e più moderna recinzione allertata con sistema anti scavalco, secondo le più innovative tecnologie, fornita anche di una rete di webcam posizionate nei punti più rilevanti, ad ulteriore tutela del patrimonio en plein air.
Va ancora sottolineato che, sempre a causa della scarsità delle risorse, si rischia anche l’impossibilità di poter garantire un adeguato ciclo manutentivo ordinario, dedicato in particolare al contenimento dello sviluppo delle erbacce ed arbusti infestanti, alla pulitura e al diserbo dei paramenti lapidei, e al consolidamento locali delle parti di elevato interessate da dissesti statici, nonché alla protezione delle creste murarie. Inoltre c’è la necessità di provvedere in maniera adeguata alla sistemazione del sistema di drenaggio e smaltimento delle acque meteoriche.

In questo quadro, nonostante l’impegno dei dipendenti e della direzione, non esistono le condizioni per rendere il comprensorio archeologico propulsore di attività culturali e attrattore verso un potenziale pubblico di visitatori nazionali e internazionali. Anche le visite scolastiche guidate, che offrono un’esperienza formativa a contatto con le tecniche di scavo e del vasto campo della ricerca archeologica, possono produrre gli effetti desiderati. Anche le stesse recenti e limitate campagne di scavo, promosse con stage ad archeologi per il loro dottorato di ricerca, da parte di università italiane, pur nella lusinghiera acquisizione di nuove scoperte, non riescono a modificare un trend che resta comunque al di sotto delle minime auspicabili aspettative.

Lo stesso Teatro, imponente e ben restaurato, dopo un entusiasmante periodo iniziale di stagioni di spettacoli, che vanno dagli anni sessanta ai primi anni del nostro secolo, non ha avuto più quella continuità e qualità di alto profilo degli inizi, che teneva conto anche delle caratteristiche del territorio, e che hanno promosso una notevole ricaduta culturale e turistica su Minturno e l’intero territorio del sud pontino. In sintesi, quindi, il sito archeologico manca ancora di una programmazione adeguata, in grado di valorizzare, in una visione d’insieme, non solo il comprensorio archeologico di Minturnae, ma anche gli altri gioielli di cui dispone l’area, come i resti del tempio della dea Marica, alla foce del Garigliano, il Real Ponte borbonico, il vicino acquedotto. E non solo. La linea d’acqua del Garigliano, con la sua lunga storia, che dall’antichità arriva fino ai nostri giorni, è una delle ulteriori modalità di arricchimento dell’area. Se verrà dotata di un sistema di collegamenti che ne permettano la navigabilità per guide organizzate, con itinerari nella natura e nell’archeologia, di cui il corso d’acqua è ricco. Dalla foce fino alle colline di Suio, resti di antiche terme documentano la preziosità delle sue acque e dove i nuovi impianti termali offrono oggi relax ai numerosi frequentatori.

In questa visione unitaria, si inserisce a buon diritto il ponte Real Ferdinando, la cui ricostruzione fu fortemente voluta da studiosi, amministratori e cittadini. Uno tra i tanti il prof. Angelo De Santis, altra gloria minturnese. Il ponte, con la sua solida struttura settecentesca immersa in un ambiente naturale, che ha per sfondo la sequenza delle arcate dell’acquedotto poco distante, costituisce un insieme di grande bellezza, teatro ideale per manifestazioni ed eventi culturali di rilievo. Manca, in definitiva, la consapevolezza che la cultura è un fattore trainante dell’economia. E che per la maggior parte delle città italiane, se escludiamo le grandi capitali dell’arte, rappresenta l’alternativa vincente al turismo tradizionale sia marino che montano. Un turismo più attento, che valorizza la storia e la tradizione dei territori, e percorsi fuori dai grandi itinerari, dove poter godere di bellezze naturali e artistiche in tutta calma, e senza le resse che stanno purtroppo caratterizzando alcune località molto conosciute. Un approccio nuovo che permetta una migliore conoscenza dell’umanità del luogo, intesa come insieme di saperi, arte e tradizioni.


In tutti i Paesi del mondo ormai, la continua proliferazione delle offerte turistiche e culturali, crea una concorrenza sempre più agguerrita, e anche per il comprensorio archeologico di Minturnae, non ci si può più accontentare di promozioni antiquate o superate. È necessario, quindi, allargare il proprio orizzonte, utilizzando nuovi metodi e strategie per catturare l’interesse di una utenza sempre più allettata e frastornata, ricorrendo ad un marketing sobrio, ma efficace, senza effetti speciali, ma ancorato alla realtà che si intende promuovere. A questa esigenza risponde perfettamente il nostro territorio, che possiede intatto, e ancora poco nota tutta la sua straordinaria ricchezza culturale, la sua identità, non consumata per nostra fortuna dal così detto turismo di massa.